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Un ritorno al cotechino artigianale non solo nelle tavole delle feste

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Proviamo a presentare il nostro cotechino di pianura come proposta sulla nostra tavola invernale anche oltre le festività .Un cotechino di qualità ,un cotechino di tradizione, un cotechino che racconta una lunga storia di famiglia, la famiglia Merigo, in accompagnamento ai contorni classici o rivisitato con accostamenti inediti e anche un po’ azzardati. Un cotechino anche come esempio di un “prodotto eccellente di recupero”. E soprattutto come piccolo percorso simbolo di una tradizione agroalimentare che riesce a mantenere la trasformazione di materie prime consegnate da un passato proiettato nel futuro.
 
Partiamo innanzitutto dalla sua composizione :un terzo di parte magra, un terzo di grasso ,un terzo di cotenna da cui deriva proprio il suo nome ,Marsala ,spezie ,sale e pepe e ovviamente il budello .Il piccolo segreto è racchiuso nelle due ore e mezzo di cottura, e forse anche più, per sciogliere la cotenna .La caratteristica principale è la qualità della materia prima utilizzata :l’ utilizzo della cotenna e la scelta di inserire una “parte ben definita “ sia magra che grassa che darà il tocco finale al prodotto .Ma come nasce questo cotechino ?Rappresenta una lunga tradizione ,adesso portata avanti da quattro giovani .Rappresenta la nuova generazione che ha preso felicemente in carico l’ ereditarietà ,la cura e l’ attenzione di una ricetta che è proseguita nel tempo anche nel 2020 .Un anno difficile sotto tanti punti di vista ,un anno in cui si è guardato molto anche alle scelte alimentari ,un anno in cui i colori hanno determinato le nostre vite :ma il cotechino è lì ,zitto zitto ,quatto quatto ,pronto a legare il nostro filo delle tradizioni passate a tavola superando anche le aspettative dello zampone .In accompagnamento alle classiche lenticchie e al buon purè fatto in casa ,diventa un qualcosa che scalda il piatto ma scalda anche la nostra memoria storica .La chiameremo una tavola della memoria raccontata nei gesti lenti e ripetuti .
 
Possiamo anche pensare al cotechino ricoperto dalla pasta sfoglia o dalla pasta brisè ,magari in versione homemade con farina di tipo 1, oppure in abbinamento ad una mostarda di cipolle o ad una giardiniera artigianale, ma sicuramente il cotechino è buono da assaporare da solo ,in purezza potremmo dire .Il segreto nelle cucine casalinghe è bucherellarlo tante volte con la forchetta e praticare questi piccoli fori in modo non troppo ravvicinato ,poi coprire completamente con acqua fredda e aggiungere del sale grosso integrale e foglie di alloro e un rametto di rosmarino.Quando inizierà a bollire abbassare la fiamma ,coprire con un coperchio e continuare nella cottura per almeno tre ore avendo cura che il bollore non si alzi eccessivamente .In fondo le radici e l’ evoluzione della  cultura gastronomica della nostra pianura padana diventano facilmente espressione sociale di una storia che affonda nel tempo ,nella trasmissione orale tra le famiglie, ed è talmente connaturata in noi da poter resistere anche alle prove più difficili :la globalizzazione dei mercati e dei modelli ,l’ uniformazione dei gusti e delle regole ,i problemi economici odierni .Anzi, il cotechino è proprio ritornato in auge sulle tavole anche come prodotto notevole di recupero .È importante per ciascuno di noi conservare la possibilità di scoprire e ritrovare i tratti originali da assaporare con il palato innanzitutto ,ma anche con l’ olfatto per ritrovare i nostri vecchi sapori, con gli occhi e anche con la mente .Dare un respiro di continuità a una storia familiare presente dal 1948 nella campagna bergamasca ben ancorata e a una tradizione alimentare legata a dei tratti che altrove sono irripetibili è un nostro piacevole dovere .                                                          
 
Podere Montizzolo                                                      
Strada Rivoltana -Caravaggio (Bergamo)                 
 

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